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Viviamo tempi bui, la crisi energetica si sta rivelando per l’economia mondiale uno tsunami peggiore della pandemia da Covid-19 con i suoi lockdown.

La guerra in Ucraina, le conseguenti sanzioni alla Russia e la speculazione, stanno mettendo in ginocchio le imprese nessuna esclusa. Ovviamente i Paesi che maggiormente soffriranno nei prossimi mesi l’insufficienza di gas e la penuria di materie prime critiche saranno quelli che vivono grazie alle importazioni extra UE.

Partiamo subito da un esempio concreto. Un terzo del PIL italiano (circa 565 miliardi di euro) dipende dall’importazione di materie prime critiche da Stati extraeuropei. Si tratta di materiali impossibili da sostituire, indispensabili nei settori altamente tecnologici di cui ormai non si può più fare a meno. Anche per un motivo altrettanto importante, come la costruzione di un sistema economico che nel prossimo futuro realizzerà quella tanto agognata svolta green, necessaria per non sfidare ulteriormente i cambiamenti climatici (ricordiamo che la crisi climatica investe a sua volta l’economia danneggiando le nostre vite e incidendo negativamente sui bilanci degli Stati).

Per salvare il Pianeta però serve un sistema economico low carbon (rinnovabili intendiamo).

Cosa ha rivelato lo studio del The European House – Ambrosetti commissionato da Erion?

Che quel famoso terzo del PIL nazionale in parte finiva in Russia, nazione insieme alla Cina (anche per la vastità di territorio che occupano) a detenere la maggior quantità di materie prime, dunque anche quelle critiche.

Platino, rodio e palladio per il 30% li importiamo dalla Russia come l’11% dell’alluminio primario. Quale è l’unica risposta che può salvarci in questo periodo di forte instabilità geopolitica?

L’economia circolare.

Perché forse molti di noi non lo sanno o semplicemente non ci pensano ma anche noi abbiamo miniere. Miniere urbane di RAEE. I rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche sono le nostre materie prime critiche. Pensiamo alle comuni pile.

Perché il riciclo dei RAEE possa concretamente aiutare il nostro Paese in questi mesi o anni di emergenza, dobbiamo potenziare la raccolta”. Sono le parole dichiarate all’inizio dell’estate da Giorgio Arienti, direttore generale di Erion WEEE.

Lo Stato dovrebbe agevolare i comportanti virtuosi e dei suoi cittadini ma deve prima di tutto rendere possibili questi comportamenti. Perché è inutile che i singoli individui raccolgano correttamente queste materie se poi la maggior parte di queste non verrà raccolta.

I comportamenti virtuosi, affinché si possano ottenere risultati interessanti.

Arienti ha specificato: “Innanzitutto, va semplificato l’iter autorizzativo per gli impianti di trattamento. Oggi ci sono iter che scoraggiano anche gli imprenditori più determinati. E serve una semplificazione della burocrazia necessaria affinché i negozianti possano raccogliere i rifiuti. Dal punto di vista economico, una spinta può arrivare dai fondi PNRR per i progetti faro nell’economia circolare nel settore RAEE. Sono 150 milioni di euro che potranno dare una spinta alla raccolta e al trattamento purché vengano rimosse le lungaggini burocratiche”.

Ma quanto valgono, quanti sono questi RAEE in giro per le nostre città, alcuni fermi nelle nostre case o abbandonati sui cigli delle strade?

Nel 2020 sono stati registrati 55 milioni di tonnellate di questi rifiuti preziosi. Nei prossimi decenni aumenteranno e saranno l’ennesimo problema globale da gestire. Perché dunque non agire oggi, spinti anche dalla necessità di reperirli nuovi?

Trasformare una piaga in una immensa opportunità. Perché gettar via vantaggi economici, ambientali e sociali?

Alcuni dati sulla gestione italiane dei RAEE raccolti nel 2021: solo il 40% è stato correttamente riciclato. Tra gli ultimi in Europa nella gestione di pile e accumulatori.
Si è calcolato che se arrivassimo al 70% di riciclo avremmo 7.600 tonnellate di materie prime critiche in più da non dover dunque acquistare da russi o cinesi con cui oggi è praticamente impossibile farlo. Ovvero, l’11% di quelle che abbiamo importato dalla Cina nel 2021, che è in assoluto il Paese leader nell’estrazione e lavorazione di tali materiali strategici.

L’aumento del tasso di riciclo dei RAEE

Ultimo “dettaglio” non da poco: aumentare il recupero e il riciclo farebbe bene al Pianeta. Si parla di quasi 1 milione di tonnellate di CO2 in meno immesse nell’atmosfera. Con tutto il risparmio che comporterebbe questo anche dal punto di vista (non tralasciabile) sanitario.

Ricordiamo che la UE ha tracciato una via chiara per il futuro economico e ambientale dell’Unione:

Come si legge nel sito del MISE: “Per rendere più affidabile, sicuro e sostenibile l’approvvigionamento delle materie prime critiche, la Commissione Europea il 3 settembre 2020 ha pubblicato una Comunicazione contenente il piano d’azione per le materie prime critiche. Nel piano di azione sono presentate 10 linee di azione in linea con il Green Deal Europeo, finalizzate a: favorire la transizione verso un’economia verde e digitale; rafforzare la resilienza e l’autonomia dell’Europa rispetto alle tecnologie chiave per la transizione”.

Cosa aspettiamo?

Prima di tutto spieghiamo cosa significa End of Waste. Si tratta di quel processo di recupero eseguito su un rifiuto. Badate bene, non il risultato finale, ma quell’insieme di operazioni che permettono a un rifiuto di tornare a essere utile come prodotto.

Sembrerebbe dunque che end of waste, cessazione della qualifica di rifiuto al termine di un processo di recupero, sia sinonimo di economia circolare.

Ma è davvero così? Non del tutto. Cerchiamo quindi di spiegare con parole semplici cosa si intende per cessazione della qualifica di rifiuto.

La nozione di end of waste nasce in ambito comunitario con la direttiva 2008/98/CE del 19 novembre 2008, direttiva quadro in materia di rifiuti. Nella Ue un rifiuto cessa di esserlo quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero e soddisfa tutte le precise condizioni stabilite dall’art. 6 della direttiva quadro, come modificata dalla Direttiva 2018/851/UE.

Devono essere soddisfatte queste condizioni:

-la sostanza o l’oggetto sono destinati ad essere utilizzati per scopi specifici;
-esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
-la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
-l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

A questo punto il rifiuto risultante dal processo di recupero non è più tale in quanto è oggettivamente divenuto un prodotto.

Ergo, la sottoposizione del rifiuto a un’operazione di recupero affinché possa cessare di essere tale, deve essere intesa quale operazione il cui principale risultato è quello di permettere al rifiuto di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero altrimenti utilizzati per assolvere ad una particolare funzione all’interno dell’impianto o nell’economia in generale (come ha stabilito Cass. Pen. n. 19211 del 21 aprile 2017).

Sottoprodotti ed end-of-waste: che differenza c'è? | Ecol Studio

Nel 2010 l’Italia, nel recepimento della normativa comunitaria, ha emanato il Dl del 3 dicembre 2010, n. 205 che ha integrato la norma di riferimento italiana in materia di ambiente: così il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 – Testo Unico ambiente, si è arricchita di una nuova disposizione ad hoc: l’art. 184-ter, rubricato “Cessazione della qualifica di rifiuto”.

La norma aggiunge, al comma 2, che “l’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni”, conformandosi a quanto già suggerito dal Legislatore comunitario. Ciò significa, in pratica, che il controllo effettuato su un materiale qualificato come rifiuto che sia volto a verificarne le caratteristiche affinché esso possa cessare di essere tale è un’operazione di recupero a tutti gli effetti e necessita, perciò, di essere autorizzata secondo le procedure previste dalla Parte Quarta del citato Testo Unico ambientale.

Se dunque l’economia circolare è in sostanza un nuovo modello economico, un modo nuovo di consumare e di pensare l’utilizzo della materia, il processo di end of waste trasforma un rifiuto in una materia riutilizzabile in altri cicli produttivi. E’ da intendersi come una nuova possibilità di sfruttare le capacità di quel materiale. Aiuta la materia a non finire in discarica o negli inceneritori ma non assolve al tema della prevenzione. La prevenzione invece sta nel processo decisionale aziendale che definisce la gerarchia sui rifiuti coerentemente ai principi dell’economia circolare.

Ma End of Waste e Materie Prime Seconde sono termini intercambiabili?

Il concetto di Materia Prima Seconda o di Materie Secondarie si collega è vero al reimpiego del materiale che, in assenza di tale requisito, torna ad essere rifiuto. Ma questi concetti devono oggi essere sostituiti con quello di End of Waste. Dunque oggi il termine MPS è da considerarsi desueto e non più caratterizzato da una corrispondenza normativa, ai sensi dell’articolo 184-ter.

Non possiamo non parlare, spiegando il processo End of Waste, della sentenza n. 1229 del 28 febbraio 2018. Perché segna un passo decisivo.

Il Legislatore comunitario ha specificato che “se non sono stati stabiliti criteri a livello comunitario in conformità della procedura di cui ai paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono decidere, caso per caso, se un determinato rifiuto abbia cessato di essere tale tenendo conto della giurisprudenza applicabile” (art. 6, comma 4). Si tratta, dunque, di criteri che operano quali prescrizioni volte ad assicurare che determinate operazioni di recupero conducano effettivamente a generare prodotti. E’ il caso, ad esempio, del regolamento 333/2011 relativo a rottami di ferro, acciaio e alluminio, del regolamento 1179/2012 sui rottami di vetro e del regolamento 715/2013 sui rottami di rame.

Prima della sentenza, la sussistenza delle quattro condizioni da rispettare per determinare il processo di End of Waste era in capo alle singole Regioni italiane. La sentenza del Consiglio di Stato, ribalta il processo autorizzativo, affermando che: «Il destinatario del potere di determinare la cessazione della qualifica di rifiuto è, per la Direttiva, lo “Stato”, che assume anche
obbligo di interlocuzione con la Commissione. La stessa Direttiva UE, quindi, non riconosce il potere di valutazione “caso per caso” ad enti e/o organizzazioni interne allo Stato, ma solo allo Stato medesimo, posto che la predetta valutazione non può che intervenire, ragionevolmente, se non con riferimento all’intero territorio di uno Stato membro.»

In sostanza, il Consiglio di Stato riserva in via esclusiva allo Stato la possibilità di determinare i criteri di dettaglio sulla definizione delle condizioni che permettono ai rifiuti di poter diventare nuovi prodotti, realizzando quel processo di recupero risorse definito End of Waste. Il Consiglio di Stato esclude perciò espressamente, “un potere di declassificazione ex novo in sede di rilascio di nuove autorizzazioni”, aggiungendo che “né, d’altra parte, un potere così conformato potrebbe essere ritenuto conforme al quadro normativo di livello comunitario e costituzionale”. Le Regioni quindi sono sprovviste della facoltà di individuare autonomamente i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuti, in base ai quali concedere tali autorizzazioni. Il risultato riguarda proprio gli impianti virtuosi che estrapolano dai rifiuti quei nuovi prodotti da inserire a mercato.

Le novità. E’ entrato definitivamente in vigore il 24 agosto 2021, il decreto 188/2020 – che disciplina a livello nazionale i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto per la carta e cartone oggetto di raccolta differenziata – superando, ma nella continuità, la disciplina delle materie prime secondarie del DM 5.2.1998. Unirima, Comieco e Assocarta, hanno prima collaborato alla stesura e poi, dopo la pubblicazione in febbraio, per mesi affinché tale decreto entrasse in vigore e la filiera si adeguasse a quanto previsto da esso.