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Il fatto che una sola potenza mondiale detenga quasi la metà delle risorse aumenta vertiginosamente il rischio di carenza di approvvigionamento e la vulnerabilità dell’offerta lungo la catena di produzione. Questa potenza è la Cina.

La probabilità di interruzione della fornitura è ulteriormente aumentata dal fatto che il trattamento, la fusione e la raffinazione di molti metalli sono concentrate in un piccolo numero di Paesi. Non solo, alcuni Paesi produttori controllano rigorosamente le esportazioni di materie prime al fine di salvaguardarle (sono limitate, non dimentichiamolo) e dunque per le loro industrie nazionali, imponendo una serie di misure di restrizione all’esportazione che portano a una limitazione concreta del libero mercato.

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Se sentiamo la parola Nichel la prima cosa a cui pensiamo è un’allergia.

Infatti è la causa più comune di allergia da contatto con dermatite. I primi a compiere studi e a sviluppare una normativa conseguente sull’uso di questo materiale, fino a pochi anni fa presente in tutte le leghe nella produzione di bigiotteria, sono i tedeschi. Si stima che 4 milioni di persone hanno reazioni allergiche da contatto e che circa il 10% dei bambini è sensibile al nichel. Per questo motivo, i metalli e le leghe che vengono a contatto con la pelle sono sempre meno nichelati anche grazie all’intervento dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) che ha sancito che l’assunzione giornaliera tollerabile di nichel è di microgrammi 2,8 per chilo di peso corporeo. Ma il nichel inalato non fa sorgere solo allergie ma anche tumori del polmone e del tratto respiratorio superiore. Dunque in questi ultimi dieci anni l’uso del nichel nei beni di consumo è stato estremamente limitato dalla normativa dell’Unione Europea, ma resta ugualmente un elemento indispensabile per la composizione di molte leghe.

Le leghe a base di nichel svolgono un ruolo vitale nell’industria moderna, è infatti un materiale necessario nei settori: aerospaziale, aeronautica, difesa, racing, energia, oil & gas, impianti di depurazione e scambiatori, impianti petrolchimici e chimici.

Ma il maggior uso è destinato alla produzione di acciai inossidabili perché li rende resistenti alla corrosione e insieme ne aumenta duttilità, durezza e tenacità. Serve a produrre anche i magneti Alnico, monete, batterie ricaricabili, corde di chitarra elettrica, capsule microfoniche, placcature su impianti idraulici e leghe speciali. È usato anche come tinta per il vetro.

Ma arriviamo al dunque: il metallo è estratto in gran parte in Russia, terza produttrice mondiale dopo Indonesia e Filippine. E come detto sopra è importantissimo per l’industria bellica.

Il nichel è spesso oggetto di speculazioni finanziarie e nelle prime settimane del conflitto il panico nei mercati era giustificato, più che dal rischio di scarse forniture, quanto dalle conseguenze che le sanzioni potessero trasformarsi in un boomerang per l’Occidente. Colpire la Nornickel che detiene il 7% della produzione mondiale, è un modo per penalizzare più noi che la Russia stessa. Anche perché in questi mesi la previdente Cina, ha iniziato a correre per diventare un punto di riferimento planetario per quanto riguarda risorse energetiche e materie prime critiche, a discapito di Washington e Bruxelles.

E senza nichel è inimmaginabile un settore automobilistico a emissioni zero, poiché insieme al litio viene utilizzato nella produzione di batterie per veicoli elettrici.

Se non fosse scoppiata la guerra ci sarebbe stato un aumento della domanda nel breve periodo. Come si legge sul GlobalData: “Qualsiasi sanzione applicata al nichel russo farà aumentare ulteriormente i prezzi di produzione dei veicoli elettrici”, ed è ovvio che i prezzi alti di queste auto causeranno una brusca frenata alle ambizioni ecologiche europee.

Una nota di colore. Lo troviamo ne Il sistema periodico di Primo Levi in cui si racconta il primo lavoro, proprio di Levi, subito dopo la laurea, nei laboratori chimici di una miniera vicina a Torino.

Anche al Vanadio è dedicato uno dei racconti de Il sistema periodico e probabilmente la maggior parte delle persone conosce questo elemento chimico solo grazie la grande scrittore (e chimico) italiano. Si racconta di un problema riscontrato nella fabbrica di vernici nella quale lavorava Levi per colpa di una resina importata dalla Germania. E’ così che il protagonista conosce il capo del laboratorio chimico di Auschwitz. I due iniziano una corrispondenza privata, nella quale emergono i rimorsi del chimico tedesco.
Il nome vanadio deriva dal nome della dea Vanadis, dèa appunto della bellezza nella mitologia norrena. Si chiama così per la varietà dei colori presenti nei composti.
Perché parlare oggi di questo elemento che non è considerato una materia prima rara? Perché in tempo di guerra lo è diventato.

Il vanadio è difficilissimo da trovare in natura allo stato elementare. E’ essenziale per molti esseri viventi, infatti svolge una necessaria funzione nel controllo degli enzimi di fosforilazione e viene utilizzato dai batteri per fissare l’azoto. Infatti animali e piante contengono vanadio. Anche noi esseri umani, si trova nei nuclei delle nostre cellule o nei mitocondri.

L’elemento è presente in circa 65 minerali diversi e nei combustibili fossili. Il problema odierno nel reperimento è che viene prodotto massicciamente in due Paesi coinvolti nel conflitto in Ucraina anche se in modo diverso. La Russia con 18mila tonnellate l’anno (che è l’invasore, l’attore principale dello scontro, ora sottoposta a sanzioni) e la Cina con 54mila tonnellate che, anche se da dietro le quinte, è attualmente la potenza mondiale più vicina a Putin. In questi due Paesi è estratto dalle scorie delle fonderie di acciaio. Oltre il 90% della produzione serve per le leghe di metalli come: alluminio, cromo, ferro, manganese, nichel, titanio. L’ 85% del vanadio prodotto si usa nell’industria siderurgica.

Il vanadio infatti entra nella scena economica mondiale per la prima volta nel 1903, quando in Inghilterra viene prodotto il primo acciaio che lo contiene. Solo due anni dopo l’elemento diventerà indispensabile nell’industria siderurgica. Lo stesso Henry Ford iniziò a utilizzarlo per costruire le prime automobili.

Tra gli altri usi che se ne fanno oggi, oltre all’acciaio come già detto in precedenza, abbiamo le leghe metalliche quali: acciai inossidabili speciali (che servono a produrre ferri chirurgici); acciai per utensili ad alta velocità e resistenti alla ruggine; mescolato al titanio per i motori jet nel settore aeronautico; in scarsa misura ma anche nell’industria nucleare; alcuni composti di vanadio sono usati come catalizzatori nella produzione dell’anidride maleica, del propilene, dell’acido acrilico e dell’acido solforico; il pentossido di vanadio è usato nelle ceramiche; ancora per i supercondensatori, rivestimentie batteria di flusso redox; ancora il vetro rivestito di diossido di vanadio blocca la radiazione infrarossa conservando la luce visibile.

Per tutto quanto esposto, esiste attualmente in Europa un grande interesse per l’applicazione di tecnologie d’avanguardia idonee al recupero del nichel e del vanadio: in quest’ambito, il gruppo Ecotec intende realizzare in Italia un impianto dedicato esclusivamente all’estrazione di questi elementi da scarti dell’industria petrolifera. Tale impianto costituirebbe di fatto un unicum nel panorama nazionale, visto che tali attività sono attualmente svolte esclusivamente preso impianti del nord Europa (Germania).

Come potete capire questi due elementi oggi devono essere reperiti altrove, ma non è facile cambiare in poco tempo i contratti e rifornirsi in Paesi più affidabili. Ci possono volere anni.

Ciò che deve modificarsi da ora in poi è la mentalità che in economia porta ad avere fornitori unici e fissi. Questo conflitto avrà come unico merito l’averci insegnato a diversificare.