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Dal 26 giugno del 2024 è in vigore il Dl 84/2024 sulle regole per l’estrazione delle materie prime “strategiche” con l’apertura all’estrazione di tali materiali dai rifiuti estrattivi “storici” ai sensi del Dlgs 117/2008. Per il nostro Centro di ricerca questa notizia è molto importante.

La parte più importante di questa normativa è quella che disciplina la gestione dei rifiuti da attività estrattive in accordo con le finalità del regolamento 2024/1252 comunitario proprio sul recupero delle materie prime critiche e “strategiche”, materiali e terre rare preziosi ed essenziali per gli obiettivi “green” dell’Unione.
Cosa cambia in pratica? Semplicemente si agevola una possibilità- che da tempo auspicavamo- di estrarre sostanze minerali in depositi di rifiuti abbandonati, per le quali non vale più il titolo minerario “rifiuti estrattivi storici”. Questa condizione è essenziale per ottenere la facoltà di presentare un “Piano di recupero di materie prime dai rifiuti di estrazione storici”. Esattamente ciò che serviva a noi di Ecotec che abbiamo presentato, durante la selezione delle manifestazioni di interesse per progetti del Just Transition Fund (JTF), nel 2021, un progetto finalizzato alla lavorazione dei fanghi rossi abbancati a Portoscuso, partendo dalla realizzazione di un impianto dimostrativo industriale.

L’iniziativa è stata a suo tempo valutata positivamente. A dicembre 2022, per la realizzazione del JTF, per il Sulcis- Iglesiente sono stati stanziati 367,2 milioni di euro, tramite l’Agenzia per la Coesione Territoriale.

La differenza da altri tipi di estrazione già in funzione
Ecotec, a conclusione di uno studio sperimentale pluriennale, coordinato dalla struttura del Centro Ricerche di Uta (CA), ha portato alla messa a punto di nuovi procedimenti protetti da brevetti specifici, ed il processo sviluppato, denominato EVA-PLUS, è ormai pronto al trasferimento industriale.
A differenza di altri processi, non industrializzati, che si limitano ad estrarre uno o due componenti valorizzabili, lasciando di fatto inalterato il problema dell’enorme quantità di fanghi rossi da smaltire, il processo messo a punto da Ecotec è in linea con le strategie dell’Unione Europea per la promozione della cosiddetta Economia Circolare, in quanto trasforma lo scarto di una produzione industriale nella materia prima da cui ricavare nuovi prodotti. Inoltre, l’approccio complessivo di Ecotec al trattamento dei fanghi rossi è strutturato in modo da ridurre al minimo possibile la produzione di residui al termine dei processi di estrazione, in accordo con la “European hierarchy for waste management”. In parole povere non produce nuovi ulteriori rifiuti.
L’importanza e le peculiarità di questo progetto
In una prima fase l’iniziativa proposta da Ecotec prevede la realizzazione di un impianto dimostrativo su scala industriale, con capacità di trattamento di circa 20.000 t/anno di fanghi rossi, il cui scopo è quello di definire il processo finale ottimizzato e, sui risultati acquisiti, progettare l’impianto industriale di taglia maggiore. Il processo applicato, composto da diverse ed articolate fasi, è in grado di trattare i fanghi rossi residui della produzione dell’allumina dalla raffinazione della bauxite; il processo consente di estrarre da questi residui elementi e prodotti ad alto valore aggiunto da reinserire in cicli produttivi e mercati di riferimento. Al termine del trattamento, il residuo finale da destinare a smaltimento è quantificabile, in media, tra il 10% ed il 15 % dei fanghi rossi trattati.
Tutte queste azioni sono in accordo con le linee guida dell’Economia Circolare (leggi qui cosa si intende per economia circolare) e consentono la produzione di elementi critici per l’industria elettronica, riducendo la dipendenza del mercato italiano dalle importazioni.
A quali materiali si può applicare? Il processo, protetto da numerosi brevetti, tramite impianti di opportuna potenzialità di trattamento, può essere applicato sia ai fanghi rossi attualmente presenti nel bacino di stoccaggio Eurallumina di Portoscuso, sia ad eventuali fanghi rossi di nuova produzione.
Esso si basa su una combinazione di trattamenti piro e idrometallurgici e di raffinazione finale dei prodotti (allumina di altissima purezza, ghisa, biossido di titanio, ossido di scandio, terre rare), in modo da rendere l’operazione attrattiva ed economicamente sostenibile.
Non scordiamo la geopolitica. Ricordiamo che questi materiali sono presenti in grandissima parte in paesi con cui attualmente non abbiamo ottimi rapporti geopolitici anche conseguentemente al conflitto russo in Ucraina (Russia e Cina per la maggiore). Altro Paese che possiede una quantità consistente di terre rare è l’Afghanistan, non esattamente un nostro partner. Quindi come Belgio, Francia, Spagna e Polonia – che stanno tentando di arrivare a una autonomia nel reperimento di questi materiali che troviamo in grandi quantità tra gli scarti- anche l’Italia grazie al grande bacino sardo del Sulcis può allinearsi con questa buona pratica europea. (Leggi qui la distribuzione globale dei materiali in questione)
Il risvolto sociale ed economico sul territorio. Il progetto prevede la creazione di posti di lavoro con personale qualificato (laurea/diploma tecnico-scientifico) per la gestione diretta dell’impianto e dei sistemi accessori, oltre al relativo indotto.
Il grande potenziale che Ecotec vuole sfruttare. Nel sud Sardegna, all’interno del perimetro tra Sulcis- Iglesiente e  Guspinese sono presenti diversi abbancamenti di residui delle pregresse attività di estrazione ed attività industriali su minerali non ferrosi. Ci stiamo riferendo in particolare, all’area industriale di Portovesme dove è presente la raffineria di bauxite Eurallumina in attesa delle autorizzazione per il riavvio della produzione. Nelle vicinanze si trova anche il bacino di stoccaggio di fanghi rossi della raffineria di bauxite. Questo sito contiene 30 milioni di tonnellate di fanghi rossi di vecchia produzione. Questi fanghi rossi, in base ai dati disponibili, contengono quantità interessanti di alcuni elementi e composti che rientrano nell’elenco delle materie prime critiche e strategiche (leggi qui cosa sono le materie critiche e strategiche). Un intervento sui materiali abbancati avrebbe, in prospettiva futura, una valenza ambientale, sociale ed economica irripetibile. A prezzi correnti tali metalli valorizzano l’intera discarica in una somma compresa tra i 7 e gli 8 miliardi di euro.

Se per l’Europa, che punta sull’economia circolare, il rifiuto è diventato anch’esso una merce e non più uno scarto, è lecito chiedersi quale sia attualmente il ruolo delle discariche e se queste avranno un futuro. Ma forse la prima domanda da farsi è: oggi come oggi possiamo (già) farne a meno?

Secondo la Waste framework directive della Commissione europea, l’uso di discariche è l’opzione di gestione da considerarsi solo come una soluzione estrema.

L’Italia è uno dei paesi Ue con la maggiore quota di rifiuti speciali smaltiti in sistemi circolari di recupero, ma nonostante ciò lo smaltimento in discarica ha ancora un peso significativo, soprattutto per quanto riguarda i rifiuti cosiddetti pericolosi.

Cosa è una discarica?

E’ un luogo dove vengono depositati e fatti marcire in modo non selezionato i rifiuti solidi urbani e tutti gli altri rifiuti derivanti dalle attività umane, quindi detriti di costruzioni, scarti industriali, ecc. Scarti che in seguito alla loro raccolta, non è stato possibile riciclare, inviare al trattamento meccanico biologico eventualmente per produrre energia tramite bio-ossidazione a freddo, pirolisi o anche nell’utilizzo come combustibile negli inceneritori. Parliamo di inceneritori con recupero energetico o termovalorizzatori.

Intanto chiariamo cosa prevede la normativa italiana

Il d.lgs 13 gennaio 2003, n. 36 ha recepito la direttiva europea 99/31/CE che prevede tre tipologie differenti di discarica:

  • discarica per rifiuti inerti
  • discarica per rifiuti non pericolosi
  • discarica per rifiuti pericolosi, tra cui ceneri e scarti degli inceneritori

Cosa si classificano i rifiuti?

  • rifiuti pericolosi: i rifiuti non domestici precisati nell’elenco dell’allegato D del Dlgs. 22 del 05/02/1997.
  • rifiuti non pericolosi: i rifiuti che per provenienza o per le loro caratteristiche non rientrano tra i rifiuti contemplati come pericolosi.
  • rifiuti inerti: i rifiuti solidi che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa; i rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano ne’ sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonché l’ecotossicità dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque, superficiali e sotterranee.

La normativa definisce anche il piano di sorveglianza e controllo con i necessari parametri chimici, chimico-fisici, idrogeologici, meteoclimatici e topografici da determinare periodicamente con una stabilita frequenza delle misurazioni.

Cosa ha stabilito l’Unione europea?

Che in discarica devono finire solo materiali a basso contenuto di carbonio organico e materiali non riciclabili: in altre parole, dando priorità al recupero di materia, la direttiva prevede il compostaggio ed il riciclo quali strategie primarie per lo smaltimento.

Infatti, anche i residui di molti rifiuti organici, restano attivi per oltre 30 anni e, attraverso i naturali processi di decomposizione producono biogas e numerosi liquami altamente contaminanti per il terreno e le falde acquifere per cui il conferimento senza preventivo trattamento di compostaggio è da evitarsi. Se invece parliamo di plastiche è ragionevole stimare la possibilità di rilevare tracce di queste sostanze dopo la chiusura di una discarica per un periodo che va fra i 300 e i 1000 anni, per cui andrebbero trattati differentemente.

Cosa accade in Germania, Austria e Svizzera?

Questi tre Paesi hanno da moltissimo tempo eliminato il conferimento in discarica di rifiuti non trattati e le discariche sono utilizzate principalmente per lo stoccaggio delle ceneri dei termovalorizzatori o dei residui degli impianti di trattamento biologico e compostaggio.

Attualmente lo smaltimento in discarica in Italia è ancora troppo utilizzato.

Per raggiungere la chiusura virtuosa del ciclo di vita il Circular Economy Package europeo fissa dei target di recupero effettivo dei rifiuti urbani al 65% e di conferimento in discarica inferiore al 10% entro il 2035. Ma, come si legge in un recente articolo de Il Messaggero, l’Italia è lontana dall’obiettivo con ancora nel 2019 un conferimento in discarica del 20,9%; un valore 30 volte superiore a quello dei best performer europei (Svizzera, Austria, Svezia, Germania, Belgio e Danimarca) che vi ricorrono in media per lo 0,7% del totale dei rifiuti. Un dato che – secondo la ricerca – porterà nei prossimi 3 anni all’esaurimento delle discariche del nostro Paese nelle quali ogni anno vengono conferiti 17,5 milioni di tonnellate di rifiuti (urbani e speciali) che corrispondo a 26 volte il volume del Duomo di Milano. In tale scenario l’Italia presenta differenze significative tra Nord (dove le discariche si esauriranno in 4,5 anni) e Sud (1,5 anni).
Ne discende la necessità di poter gestire questa tipologia di rifiuti recuperando materia (compost) ed energia (biogas) per ulteriori 3,2 milioni di tonnellate e, di conseguenza, realizzare tra i 31 e i 38 nuovi impianti di trattamento, per un investimento complessivo di 1,1 – 1,3 miliardi di euro. Alla luce dei gap attuali, l’80% delle opere dovrà, inoltre, essere localizzato al Centro-Sud del Paese.

Regioni italiane, dove sono più presenti le discariche?

Fino al 2018 la Sardegna era la regione con il numero più elevato di discariche. Il 70,7% di queste erano però destinate allo smaltimento dei rifiuti inerti. Mentre il Piemonte era la ragione con più discariche per i rifiuti speciali pericolosi (3), un tipo di impianto esistente solo in 7 altre regioni (Lombardia, Puglia, Toscana, Lazio, Marche, Umbria e Calabria).

Esistono, tuttavia, anche degli esempi virtuosi, come quello della Piattaforma Ecotec Gestione Impianti di Assemini (Cagliari) che, proprio in Sardegna sin dal 2006, grazie all’installazione di una speciale unità di trattamento Soil Washing ed Ensolvex permette il recupero dei terreni e dei materiali da demolizione, trasformandoli in materie prime, secondo criteri che oggi sono noti come End of Waste. Link all’articolo blog end of waste

Quanto conviene all’Italia superare i problemi derivanti dalla gestione dei rifiuti?

I benefici sono significativi sia dal punto di vista economico che ambientale. A fronte di un investimento fino a 4,5 miliardi di euro, l’analisi quantifica in 11,8 miliardi di euro di indotto economico, pari a un moltiplicatore di 2,6 euro generati nell’economia per ogni euro di impatto diretto, con un gettito IVA potenziale di 1,8 miliardi di euro. La realizzazione di impianti per il trattamento della frazione organica determina inoltre un beneficio economico rilevante nelle Regioni con i minori tassi di raccolta differenziata, permettendo una riduzione della TARI per un valore complessivo superiore a 550 milioni di euro. Dal punto di vista ambientale, lo studio arriva alla conclusione che colmare il gap impiantistico per il recupero energetico dei rifiuti urbani e dei fanghi di depurazione permetterebbe un risparmio netto complessivo di 3,7 milioni di tonnellate di emissione di CO2 rispetto al conferimento in discarica degli stessi. Grazie alla produzione elettrica associata, si determinerebbe inoltre un incremento di 0,7 punti percentuali della quota di energie rinnovabili sulla generazione complessiva del Paese, contribuendo così alla transizione energetica.

Discariche e cambiamenti climatici: c’è un rapporto causa effetto? Dal punto di vista dell’emissione in atmosfera di gas responsabili dei cambiamenti climatici, le discariche per rifiuti non pericolosi e quelle per rifiuti pericolosi risultano nocive se il rifiuto non viene preventivamente trattato e differenziato. È infatti scientificamente provato dall’organizzazione internazionale sui cambiamenti climatici, IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) che i rifiuti in discarica causano emissioni ad alto contenuto di metano e di anidride carbonica, due gas serra molto attivi; una moderna discarica deve pertanto prevedere sistemi di captazione di tali gas.

I problemi delle emissioni di gas possono tuttavia essere ridotti o eliminati con l’adozione di tecniche costruttive specifiche e con il pretrattamento dei rifiuti: in particolare la raccolta differenziata di quanto riciclabile e della frazione umida (responsabile delle citate emissioni liquide e gassose), e il cosiddetto trattamento a freddo mediante cui si accelera la decomposizione dei rifiuti prima del conferimento in discarica. Come detto, la stessa Unione europea vieta il conferimento di materiale organico in discarica.

Presso il proprio Centro Ricerche di Macchiareddu, Ecotec è impegnata nello studio di nuovi processi e tecnologie per il trattamento alternativo ed il recupero dei metalli dagli scarti dell’industria metallurgica ferrosa e non ferrosa. Scopo delle attività di Ecotec è proprio quello di eliminare lo smaltimento in discarica di rifiuti, fanghi e residui contenenti ancora metalli o leghe metalliche estraibili e riutilizzabili.